Web, smartphone, tablet: il consumatore ha imparato a muoversi con disinvoltura attraverso i nuovi canali che affiancano le modalità classiche di offerta.
Scopriamo come scegliere il miglior percorso di trasformazione digitale votata al cliente.
Oggi le persone hanno nelle loro mani un grande potere, il potere del digitale. Sanno di poter ottenere risposte senza doversi recare fisicamente in un ufficio, attendere ore in fila oppure dialogare con qualcuno al telefono. Basta l’apertura di una finestra del browser, il clic su un’app sul cellulare o addirittura una query sui social per mettersi in contatto con un’azienda, un supporto tecnico, magari con il reparto vendite di un brand. Quanto siamo preparati a tutto questo?
Quando si parla di customer engagement ci riferiamo a qualcosa di molto più complesso e frastagliato del passato. Il salto cross-mediale continuo che si verifica tra web, mobile ed esperienza fisica, richiede alle imprese di dotarsi di una struttura agile che sia in grado di interpretare il cambiamento e di cogliere al volo le opportunità di switch tecnologico che si presentano.
Non si tratta solo di una rivoluzione tecnica quanto strategica: dove non è contemplato l’utilizzo di un ecosistema che prende in considerazione i “profili” del consumatore e i differenti punti di contatto con la clientela, si rischia di perdere concretamente terreno rispetto ai competitor più attivi, ma non solo. In quanto asset fondamentale, il customer engagement ha un impatto determinante sia sul business che sulla reputazione e la valenza del marchio verso l’audience. Perché rischiare?
Dopo aver accolto il processo di digital trasformation il punto è: adottare una strategia di tipo tradizionale, che prevede il passaggio verso tutte le fasi di un progetto prima del rilascio delle funzionalità agli utenti finali oppure scegliere un percorso “quick start”, focalizzato su un’implementazione minimale e su un approccio incrementale? Rispondere non è semplice, anche perché la via da seguire si basa su due presupposti: il tipo di industry (più o meno soggetta al cambiamento) e l’esistenza già in essere di procedure di customer engagement.
Rispetto a quest’ultimo punto, se nella realtà di riferimento non sono particolarmente sviluppate politiche di coinvolgimento, è fortemente consigliabile l’approccio incrementale. Utilizzando un approccio tradizionale si rischia infatti di investire un tempo significante per la fase di disegno e un time-to-market estremamente elevato. Il rischio sarà dunque di ottenere una soluzione già obsoleta e con requisiti eccessivi rispetto a quanto realmente necessario.
Di conseguenza, in situazioni dove le tematiche di customer engagement sono fortemente sviluppate è più utile una strategia tradizionale, che può sfruttare pienamente la cultura smart radicata all’interno dell’azienda. Ma non è tutto bianco o nero. In alcuni casi è opportuno valutare anche soluzioni intermedie che possano consentire un aggiornamento costante e che alimentino, nei confronti nei consumatori, l’idea di un soggetto pronto a offrire un servizio sempre più elevato e in linea con le sue esigenze.
Fabrizio Gotta
Business Processes Principal Consultant