Il tradizionale appraisal dei dipendenti a cadenza annuale è cosa ormai del passato, come molti sostengono? Meno di quanto si creda: diversi studi testimoniano che i metodi alternativi di valutazione “destrutturata” delle performance personali sono usati da una piccola percentuale di aziende. Però qualcosa sta comunque cambiando, e non poco. Tutti gli studi concordano nell’indicare che c’è una precisa volontà di aumentare la frequenza e la qualità dei feedback che i manager devono dare ai loro collaboratori.
D’altronde ci sono ragioni evidenti perché una valutazione annuale sia ormai poco allineata con il modo di operare delle aziende oggi, a parte il carico di ansia e aspettative che implica. È ovvio che le priorità e gli obiettivi delle organizzazioni cambiano – e vanno comunicati – assai più spesso di una volta l’anno, inoltre trasformare un “evento” annuale in una sequenza di incontri mensili o anche settimanali rende i feedback più precisi e la discussione direttamente collegata agli eventi che approfondisce, quindi in definitiva più efficace. Ciò che dicono le aziende di successo, in questo senso, è che un buon manager deve necessariamente essere un buon coach.
Ma come si può “allenare” al meglio la propria squadra? Emergono due stili principali di coaching. Quello “calendar driven” si basa su incontri programmati a cadenza precisa. Sono incontri più formali, guidati dal manager e che appaiono evidentemente come un momento di feedback. Il coaching “event driven” è meno formale ma non meno significativo: il focus in questo caso è su eventi specifici che è importante commentare e su cui confrontarsi. Sono momenti di “debriefing” che agiscono a caldo e possono portare a un rafforzamento positivo che invece si perde in incontri meno frequenti: enfatizzare una performance efficace subito dopo che è avvenuta.
Il rafforzamento positivo è uno degli elementi chiave di un buon coaching e quindi di un buon manager: è importante che il collaboratore superi quelli che percepisce come limiti, propri e ambientali, definendo una loro soluzione possibile. Anche gli altri elementi fondamentali di un buon coaching sono tutti legati al ruolo aperto e di stimolo creativo che deve avere: ascoltare attentamente ciò che il collaboratore comunica, non fornire soluzioni direttive ma stimolare a crearne di proprie, creare un clima “produttivo” favorendo la crescita personale (che è un bene anche per l’azienda) e allo stesso tempo chiarendo la responsabilità che anche il collaboratore ha nel definire e realizzare tali percorsi di crescita.
Margherita Scalfi
Presales Specialist