Le tecniche narrative hanno popolato media differenti per incrementare i livelli di engagement e incontrare le necessità di un pubblico sempre connesso.
Lo storytelling non è solo l’arte di sapere narrare qualcosa ma di tenere viva l’attenzione di uno spettatore su un tema non necessariamente di suo interesse. Già questo semplice concetto sottende quanto sia complicato svolgere il ruolo di raccontastorie, sia nel caso di una persona fisica che di uno strumento, un servizio, una piattaforma. Il coinvolgimento, inteso sia a livello emotivo che partecipativo, è un qualcosa che l’era del digitale sfrutta in ogni sua forma. Parlando di applicazioni mobili, videogame, internet, è sempre più evidente quanto sia cresciuta la tendenza a personalizzare le esperienze di fruizione, rendendole coerenti con le aspettative di ogni singolo utente.
Come si possa creare uno storytelling di successo è sintetizzato dalle 22 regole individuate da Emma Coats, ex story artist della Pixar (ora in Google), che descrive i modi con cui incrementare la produttività durante la scrittura, superando i momenti di difficoltà e i blocchi creativi. Cosa c’entra questo con il marketing? Molto, visto che lo storytelling è un fattore essenziale per aumentare le possibilità di successo della Gamification, attività basata sul coinvolgimento e su quel binomio indissolubile tra narrazione ed esperienza.
Non a caso, una massima di Jesse Schell, videogame designer ed esperto dell’arte videoludica, è questa: “La Gamification è la parola usata dalle persone quando cercano di rendere cose di solito noiose più interessanti. In realtà è un termine che spero cada presto in disuso. Quando la gente dice gamify si riferisce a un modo per migliorare il design motivazionale e migliorare il design di qualcosa è sempre un bene”.
Sebbene le tecniche del racconto non siano necessarie nell’ambito del gaming (pensiamo a quei giochi, anche di successo, che non ne fanno uso), è innegabile che sfruttare una trama per spingere le persone ad ascoltare e, di conseguenza, ad agire, può rappresentare una chiave di volta spesso determinante. In tale ambito, storytelling e Gamification sono strettamente correlate al concetto di “narrazione transmediale”, quella tecnica che consente di declinare una storia su diversi media per generare interesse, creando punti di ingresso nella trama a vari livelli, con gradi di interazione differenti. Degli esempi sono la trilogia cinematografica di Matrix, la serie televisiva Lost, il videogame Quantum Break. Questi estendono il loro raggio di azione dal media principale verso altri, per dar vita a cluster di riferimento eterogenei, più vasti e, potenzialmente, indefiniti.
Transmedialità e Gamification si possono considerare due facce della stessa strategia di intrattenimento moderna. La user experience odierna fa sempre più riferimento a contesti narrativi cross-mediali, multipiattaforma, correlati ma indipendenti. Questo vuol dire che la narrazione, sia essa legata a progetti ludici piuttosto che educativi/formativi o aziendali, come forma comunicativa tende a svincolarsi dai perimetri in cui è nata, per incontrare gli utenti nei loro ambienti digitali, dove non conta più solo lo strumento o la fisicità (ufficio, casa o metropolitana) ma la qualità del messaggio veicolato e il grado di engagement che trasmette.
Emanuela Corazziari