Può uno stereotipo precludere l’ingresso in azienda di un talento? La risposta è si ed è all’ordine del giorno. Non parliamo solo di provenienza e grado di istruzione ma anche di caratteristiche basilari, come la differenza tra uomo e donna. Se foste il responsabile HR di una compagnia che opera nel mondo della sanità e vi trovaste a selezionare una nuova persona per il ruolo di infermiere, quasi sicuramente la scelta cadrebbe su un profilo femminile. Si tratta di un pregiudizio? Inconsciamente sì ma è la stessa natura umana ad aver creato tale forma mentis. Non è detto che il candidato donna non rappresenti la scelta migliore ma tra quelli di sesso opposto poteva nascondersi il dipendente perfetto, reo di essersi presentato per una posizione che, negli anni, non lo ha visto protagonista, almeno sui grandi numeri.
Di esempi simili ce ne sono tanti ma il trend, dal punto di vista del genere, sta cambiando, tanto che gli ultimi dati Istat sugli incrementi di occupazione in Italia (novembre 2015 – novembre 2016) segnalano un sorpasso storico delle donne alla voce “nuove occupate”, con 160 mila assunzioni rosa contro 41 mila maschili. È solo l’inizio di un processo selettivo che deve liberarsi da schemi mentali precostituiti, andando oltre le distinzioni classiche, per ottimizzare al meglio la ricerca e l’assunzione di talenti.
Può la tecnologia abilitare un metodo più corretto nell’applicazione dei criteri che guidano la ricerca di personale? Si, grazie a progetti come SAP Business Beyond Bias, all’interno della SuccessFactors HCM Suite. Da anni, soprattutto in settori tecnici, ci si lamenta della scarsità di figure idonee a svolgere alcune mansioni, per la mancanza sul mercato di competenze e professionalità. Ciò porta le risorse umane non solo a perdere tempo prezioso ma anche a farsi sfuggire dalle mani veri e propri talenti, le cui potenzialità sono state sommerse da vari elementi pregiudiziali.
Diversità e inclusione sono concetti a cui siamo oramai abituati ma che, in assenza di strumenti idonei, non possono essere soddisfatti pienamente. Ma dove non arriva l’uomo giunge l’Intelligenza Artificiale. L’AI ha il potenziale di eliminare dai processi di selezione quelle distorsioni cognitive che bloccano un’equa valutazione. Certo, di per sé un algoritmo non può rivelare il candidato più promettente, basandosi solo su dati empirici, ma ha bisogno dell’intervento umano per capire quali informazioni considerare più pertinenti rispetto ad altre, per raggiungere l’obiettivo che l’azienda si pone, sia questo economico, etico, legale (pensiamo alle categorie protette) o di potenziamento della forza lavoro senza compromessi.
In poche parole, l’Intelligenza Artificiale di SuccessFactors HCM Suite crea un ecosistema privo di disturbi e interferenze ma a scegliere saremo sempre noi, sulla base delle indicazioni ricevute. Non prima però di considerare in che modo abbiamo fornito i dati al software: erano davvero spogli da tabù e preconcetti? Solo in questo modo si potrà ottenere un framework attendibile, proteso a una strategia di reclutamento oltre ogni pregiudizio.
Margherita Scalfi
Presales Specialist